Figli cari! Questa sera vostra madre vi invita a pregare quanto più è possibile. Questo tempo è tempo di grazia! Pregate lo Spirito Santo che vi rinnovi, che rinnovi il vostro cuore, la vostra anima e il vostro corpo. Non permettete che il vostro corpo sia debole mentre lo spirito è pronto. (Messaggio del 5 Maggio 1989).
Indugiare troppo sui propri errori è, del resto, una questione di superbia. È l’incapacità di ammettere le proprie debolezze umane. Dunque occorre lasciarsi alle spalle questa sottile e dannosa forma di orgoglio, per rivolgersi fiduciosamente a Dio: pensiamo forse di potergli nascondere le nostre miserie? Egli sa, meglio di noi, cosa si trova nel nostro cuore.
Pensiamo agli apostoli: Gesù li chiama, li istruisce, opera prodigi davanti ai loro occhi. Per tre anni essi lo vedono da vicino più di chiunque altro. Eppure erano ancora così imperfetti! Pietro rinnega Gesù per ben tre volte. Tutti loro, salvo Giovanni, fuggono impauriti quando Gesù viene catturato e non hanno coraggio per stargli vicino mentre è sulla Croce.
Nel corso dell’annunciazione del Vangelo non mancano i rimproveri di Gesù verso di loro. Il povero Pietro si sente addirittura dire “Via da me, satana!”. Eppure, nonostante questo, tutti (tranne Giuda Iscariota, il traditore) continuano a seguirlo, gli rimangono vicino, e Lui rimane vicino a loro con amore e pazienza infinita. Dio non si allontana da noi perché siamo deboli e imperfetti. Anzi, quello è il momento in cui, se glielo permettiamo, ci è più vicino.
Mi vanterò delle mie debolezze, prosegue San Paolo. Perché mai nasconderle, se il Signore le vede limpidamente?
Dunque, perché nella debolezza risiede la forza?